Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 418

Roberto Evangelista
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De Martino si confronta con la fenomenologia della religione
nel 1953 e in particolare con la teoria del sacro come
Erlebnis
,
immersione totale nel fatto religioso
59
. Muovendosi contro l’idea
della assoluta soggettivazione che ritrova l’essenza del sacro ma
prescinde «dal predicato dell’esistenza»
60
riflette la consapevolezza
della parzialità di una semplice compartecipazione ai fenomeni sa-
cri e alle figure mitico-rituali. La funzione del rito e del
mondo magico
contadino è ambigua, come abbiamo visto attraverso il testo di
Sereni, e questa ambiguità si riflette nella visione di de Martino in
una profonda consapevolezza storica. Ma la consapevolezza sto-
rica dell’etnologo si esprime nello sforzo di comprensione scienti-
fica del mito non solo attraverso l’universale concreto del giudizio
storiografico
61
, ma anche attraverso la rilevazione di un
bisogno
, di
una
linea di desiderio
ordinata da oggetti “naturali”, da strumenti
materiali
e
mentali
.
Quali sono le ragioni, quali i bisogni, che spingono l’uomo religioso
alla risoluzione del divenire storico nella ripetizione di un modello
metastorico […]? Se chiamiamo
destorificazione
questa risoluzione
che si compie nella coscienza mitica quale è la storia umana della
pretesa umana di destorificare la storia nel rapporto mitico-rituale?
Porsi queste domande e rispondervi volta a volta nella ricostruzione
storiografica di singole civiltà religiose in movimento, questo significa
propriamente “capire” il mito, farne la “scienza”
62
.
De Martino fa la scienza del mito, la scienza della ritualità e del
ritorno dell’arcaismo. È così che comprende l’arcaico che ritorna
come potenza, per quanto asfittica e vana possa essere. Ritorna
59
Cfr. E. de Martino.,
Fenomenologia religiosa e storicismo assoluto
, cit.
60
Ivi, p. 50.
61
A proposito della critica a van der Leeuw, sull’errore di prescindere dal
predicato dell’esistenza, scrive de Martino: «se invece il legame con l’esistente
ritiene il valore di qualificazione del reale secondo categorie, allora è non già l’in-
tuizione ma il giudizio storiografico, l’universale concreto, che entra in azione.
Questa distinzione di possibilità operative manca del tutto nel van der Leeuw»
(ivi, pp. 50-51).
62
Ivi, p. 54.
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