Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 39

Contro le borie “ritornanti”
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mica e trascendentale, ma anche e soprattutto etica, quando essa si
fa critica alla sempre possibile deriva dogmatica dell’universalismo:
la necessità, cioè, che la dimensione generale non si separi mai dal-
la storicità determinata delle nazioni civili e dall’ineliminabile pa-
trimonio delle
differenze storico-culturali
delle singole comunità. Ciò
non contraddice, nell’economia del discorso vichiano, l’esistenza
di un modello di filosofia della storia metafisico-teologica, il che,
tra l’altro, contribuisce a spiegare l’insistenza vichiana a ritrova-
re quasi esclusivamente le “tracce” e le “rovine” del passato. E,
tuttavia, tutto questo non mette in discussione la novità e l’ori-
ginalità del metodo della scienza nuova, di un paradigma critico
e “scientifico” consapevolmente rivolto a determinare e a descri-
vere le strutture storico-antropologiche, le istituzioni civili e giu-
ridiche le stesse articolazioni sociali sia pur considerate nella loro
arcaicità. Universalità dei principi e
differenza
, filosofia della storia
e scienza empirica di essa che è in grado di trovare (l’originario
invenire
degli antichi dotti non boriosi) le distinzioni e le determi-
nazioni
«tra tutti i possibili umani», in modo tale da poter risalire
agli «incominciamenti più semplici e più naturali» di «tante, sì varie
e diverse cose»
17
. E non mette in discussione neanche altri due
essenziali contributi vichiani alla riflessione filosofica moderna e
contemporanea. Infatti è dall’ordine metafisico dell’universo che
discende la regola – che diventa nel corso del processo di incivili-
mento di popoli e culture tutta umana e mondana – della «sapienza
volgare»
18
, cioè quella che dà vita al «senso comune», che è ritrova-
bile in ogni popolo e che è alla base della «nostra vita socievole in
tutte le nostre umane azioni»
19
.
Lo strumento metodico della critica, quello strumento che aveva
consentito a Vico di prendere le distanze dagli effetti negativi delle
17
Sn44
, capov. 630, p. 729.
18
G. Vico,
Scienza nuova
del 1725 in Id.,
Opere
, cit., vol. II, pp. 1008 sgg.
19
Ivi, p. 1009. Naturalmente è da ricordare la famosa definizione che del sen-
so comune Vico dà nell’ultima edizione della sua opera. «Il senso comune è un
giudizio senza alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da
tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il gener’umano» (
Sn44
, capov.
142, pp. 498-499).
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