Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 226

Mariella De Simone
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universale
4
; la priorità cronologica e il superiore livello di civiltà
delle altre nazioni porta a contraddire il primato degli Ebrei
5
; il
confronto con le storie dei popoli più antichi rischia di privare la
storia sacra del suo carattere universale, e di ridurla a mero reso-
conto della particolare storia del popolo ebraico. Per riaffermare
l’attendibilità del dettato biblico, e, con essa, il primato della storia
sacra nei confronti delle altre storie, l’autore della
Scienza Nuova
se-
gue la strada già tracciata da Horn alla metà del ’600, di considerare
le narrazioni sulle sterminate antichità delle nazioni espressione
della vanità dei popoli e dei sapienti, ansiosi di celare le loro origini
rozze e primitive
6
.
L’associazione della riflessione vichiana sulle borie con la spe-
culazione cattolica “reazionaria”, già di per sé evidente, è ulterior-
mente garantita dalla menzione, nel discorso sulla boria delle na-
zioni e sulla loro pretesa di aver «prima di tutte l’altre ritruovati
i comodi della vita umana», di Flavio Giuseppe quale apologeta
degli Ebrei, qualificati come i soli a non aver peccato di vanaglo-
ria, e ad aver «conservato tanto spiegatamente le loro memorie
fin dal principio del mondo»
7
. È la riprova che il discorso sulle
borie, organico all’edificio storico-normativo dell’ortodossia catto-
lica, non si configura neppure «come un’originale “discoverta”»
8
.
4
P. Rossi,
Le sterminate antichità,
cit., pp. 180-185.
5
Le “empie” tesi di autori come Marsham, Spencer e Toland sulla priorità
degli Egizi rispetto agli altri popoli, contro le quali la critica cattolica riafferma
con forza il primato della sapienza ebraica, sono ampiamente discusse nel libro
di Paolo Rossi (cfr. ivi., pp. 167-180).
6
A questa conclusione giungono, oltre a Horn, autori come Ursin, Schoock,
Vossius, Leidecker, Martianay, che operarono tutti tra la seconda metà del ’600
e gli inizi del ’700. «La tesi secondo la quale l’antichità più remota era favolosa
e i tempi lunghi della storia umana erano soltanto immaginati o favoleggiati»,
fa notare Rossi (cfr. ivi, p. 215), «conduceva di necessità ad aderire alla tesi di
una iniziale “rozzezza” delle prime nazioni», la quale, come è noto, è sostenuta
con forza da Vico, che la arricchisce di significati di portata storica e universale.
7
Sn44
, p. 495, capov. 125.
8
Così P. Rossi,
Le sterminate antichità
, cit., p. 216, in polemica con la tendenza
a presentare il discorso sulla boria delle nazioni come il prodotto di una geniale
e originale intuizione vichiana (cfr. anche p. 228).
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