Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 218

Raffaele Carbone
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Brasiliani a causa dell’ignoranza, della «bestise» del suo interprete
19
).
La pluralità di epoche, spazi, popoli, uomini, donne e posizioni
teoriche che affollano gli
Essais
, su cui ha scritto pagine belle e
convincenti Nicola Panichi
20
, così come la tendenza montaigna-
na a riconoscere grandezza e valore anche a personaggi e culture
che non sgorgano dalla classicità
21
(e la complementare consape-
19
Montaigne, con l’aiuto claudicante del suo interprete, ha difficoltà a comu-
nicare le sue «immaginazioni» all’indiano incontrato a Rouen ed è consapevole
di porgli precise questioni sulla base di idee ed esigenze che sono le proprie: «je
parlay à l’un d’eux fort long temps: mais j’avois un truchement qui me suyvoit
si mal, et qui estoit si empesché à recevoir mes imaginations par sa bestise, que
je n’en peus tirer guiere de plaisir» (
Essais
, I, 31, p. 214 A; tr. it. cit., p. 389-391).
20
Secondo la suggestiva lettura di Panichi, Montaigne concepisce il progetto
di una nuova alterità che coincide con lo spazio/tempo del libro, libro aperto e
infinito, gli stessi
Essais
ripetutamente rimeditati e riattualizzati, in cui si ritrova-
no, in quanto forme dell’umana condizione, antichi, selvaggi, turchi, ebrei, po-
sizioni critiche della modernità, alterità positive, oltre una serie di autori, figure,
personaggi (dal padre di Montaigne a La Boétie) che hanno segnato le esperien-
ze di vita e di pensiero dell’autore (cfr. N. Panichi,
I vincoli del disinganno. Per una
nuova interpretazione di Montaigne
, Firenze, Olschki, 2004, p. 443).
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Nel capitolo II, 3 Montaigne ricorda che gli abitanti di una città indiana
assediata da Alessandro, vedendosi agli estremi, decisero fieramente («se reso-
lurent vigoureusement») di privarlo del piacere della vittoria e, anche a dispetto
della sua clemenza, si lasciarono bruciare tutti, insieme alla loro città (
Essais
, p.
359B/tr. it. cit., p. 639). Si veda, come altro esempio, in II, 12, l’episodio dei
quattordici Turchi che, catturati dai Portoghesi nel mar delle Indie, insofferen-
ti alla prigionia («impatiens de leur captivité»), si risolsero di strofinare l’uno
contro l’altro i chiodi della nave per produrre una scintilla di fuoco che cadde
sui barili di polvere di cannone riducendo in cenere tanto i prigionieri quanto i
loro carcerieri (cfr. ivi, p. 558C; tr. it. cit, p. 1025). Va detto che questa vicenda,
di cui Montaigne dà nota sull’Esemplare di Bordeaux, si inserisce tra un brano
del 1588, in cui scrive «il ne faut pas vouloir mourir pour se venger», e un altro
del 1580, in cui raccomanda la moderazione e la temperanza (cfr.
ibidem
B A;
ibidem
). Nondimeno, esso dà rilievo all’intolleranza dei quattordici Turchi per
la prigionia e suggerisce che essi preferirono la morte alla schiavitù. Altrove,
in I, 48, Montaigne ricorda che le armate turche sono organizzate più ragione-
volmente di quelle cristiane (cfr. ivi, p. 293 C; tr. it. cit. p. 525). Tornando agli
episodi di sprezzo della morte, si vedano anche la storia di Ninachetuen, signore
indiano che si gettò nel fuoco per sfuggire al disonore che il viceré portoghese
era sul punto di arrecargli sottraendogli senza alcuna ragione valida la carica che
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