Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 216

Raffaele Carbone
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gnabili, ma è piuttosto una feconda riserva, non di contenuti preco-
stituiti, ma di possibili linee di indagine e di strategie per pensare il
mondo e gli innumerevoli e differenti esseri che lo abitano.
Quello che emerge, nel capitolo I, 31, è, a nostro parere, un bru-
sco risveglio dal sogno umanistico e dalla pura venerazione degli
autori greco-latini
14
, non nutrita dall’attenzione al nuovo e all’espe-
rienza. Montaigne, infatti, non esita a prendere una posizione cri-
tica rispetto all’ipotesi che rinveniva nel Nuovo Mondo l’Atlantide
degli autori antichi:
Mais il n’y a pas grande apparence que cette Isle [Atlantide] soit ce
monde nouveau que nous venons de descouvrir: car elle touchoit quasi
l’Espagne, et ce seroit un effect incroyable d’inundation de l’en avoir
reculée, comme elle est, de plus de douze cens lieuës; outre ce que les
navigations des modernes ont des-jà presque descouvert que ce n’est
point une isle, ains terre ferme et continente avec l’Inde orientale d’un
costé, et avec les terres qui sont soubs les deux pôles d’autre part; ou,
si elle en est separée, que c’est d’un si petit destroit et intervalle qu’elle
ne merite pas d’estre nommée isle pour cela
15
.
D’altronde, secondo Montaigne, la stessa storia dei Cartaginesi
che avrebbero oltrepassato lo stretto di Gibilterra e scoperto una
grande isola fertile non ha attinenza con le terre nuove: «Cette nar-
ration d’Aristote n’a non plus d’accord avec nos terres neufves»
16
.
Non è dunque infondato concludere che il testo montaignano
conduce due importanti narrazioni antiche a infrangersi violente-
mente sulla roccia dell’esperienza e del nuovo.
In un’aggiunta dell’edizione del 1588 Montaigne inserisce, tra le
due testimonianze antiche (Platone e Aristotele), i racconti degli
effetti prodotti sulle terre attigue dalla pressione esercitata dal fiume
14
Parimenti, ad esempio, Montaigne critica gli scrittori avventati («les escri-
vains indiscrets») del suo tempo che infarciscono le loro opere di citazioni tratte
dai classici con l’obiettivo di mettersi in luce. Essi in realtà non capiscono che
l’eccellenza di quegli autori fa risaltare i limiti dei loro libri (cfr.
Essais
, I, 26, p.
147 A; tr. it. p. 263).
15
Ivi, I, 31, p. 204 A (tr. it., p. 369).
16
Ibidem
(tr. it. cit., p. 371).
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