Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 215

La novità del Nuovo Mondo
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delegittima un uso acritico e ossequioso del retaggio filosofico e
letterario dell’Antichità: in
Essais
I, 31 viene erosa una certa ver-
sione del mito umanistico, imperniata sulla piena attendibilità degli
autori antichi. D’altro canto, la persistenza nel testo di citazioni e
riferimenti ai classici, peraltro limitati, si inserisce nel raggio di un
rapporto selettivo e problematico con la propria cultura. Se di me-
moria culturale vogliamo parlare, come fa Defaux
12
, è operativa, in
Montaigne, una memoria culturale discriminante, che non accoglie
della tradizione ogni contenuto indistintamente e che non diventa
presenza divorante e dispotica, ma è costretta a confrontarsi con
l’esperienza, con la novità, e a coesistere accanto ad altre culture,
memorie, tradizioni (la tradizione biblica, quelle dell’Europa orien-
tale e dei popoli dell’Asia, le vestigia di popoli antichi come gli Sciti
e infine gli Indiani d’America, e così via).
Del resto, se è fondata l’idea che ci siamo fatti leggendo gli
Essais
,
vale a dire che Montaigne mette in atto un esercizio di smaschera-
mento della
coutume
per prendere giusta distanza da essa
13
, esercizio
che schiude la possibilità di un giudizio più solido su di noi e sugli
altri, un giudizio che, guardando ai nostri costumi non come norma
naturale ma come complesso di pratiche storicamente consolida-
tesi, li colloca in mezzo agli altri e ne invalida la pretesa di valere
universalmente e naturalmente, allora lo stesso patrimonio cultura-
le che si intreccia con gli usi e i costumi della nostra tradizione va
accolto con uno spirito zetetico e problematico: nella prospettiva
montaignana il
corpus
antico non veicola uno stock di verità inoppu-
12
«Le Même semble voué, quoi qu’il puisse prétendre, quel que soit l’intérêt
qu’il professe pour la variété, l’écart et la dissemblance, à ne lire et à ne dire que
soi: à n’écrire que des confessions. Sa mémoire culturelle, cet héritage dont il se
targue, qui lui permet d’être pleinement homme, de croire à sa dignité, de juger
ses semblables et de les fustiger, est finalement perçue comme un obstacle in-
surmontable à la communication, comme une présence dévorante, impérieuse
et cannibalique» (G. Defaux,
Marot, Rabelais, Montaigne
, cit., p. 176).
13
Su tale questione – e anche per i riferimenti alla letteratura critica – rinviamo
al nostro articolo
“Il est bon de savoir quelque chose des mœurs de divers peuples…”:
Reason and customs in Montaigne and Descartes
, in «Montaigne Studies», XXV, 2013,
1-2, pp. 119-128, pp. 119-121.
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