Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 213

La novità del Nuovo Mondo
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de Raymond Sebond
– in
couche
A, più o meno negli stessi anni della
stesura di
Des Cannibales
– Montaigne non esita a rilevare gli errori
dell’astronomo Tolomeo e prende spunto da essi per diffidare del
fatto che i cosmografi del suo tempo possiedano la verità ultima
sulla configurazione del mondo
8
, provocando un’ulteriore frattu-
ra nel mito umanistico: il legame tra l’Antichità e i moderni sta
nella fallibilità degli uni e degli altri, e della conoscenza umana in
generale
9
. Nell’
Apologie de Raymond Sebond
, poi, c’è un luogo in cui
Montaigne medita sia sulle affinità sia sulle differenze tra credenze,
pratiche e costumi di popoli lontani nello spazio e nello tempo.
Nel testo del 1588 il Bordolese ricorda che, secondo Epicuro, nel-
lo stesso tempo in cui le cose sono qui come noi le vediamo, esse
sono del pari, e allo stesso modo, in numerosi altri mondi. Inoltre,
rileva che lo stesso Epicuro avrebbe potuto sostenere questa tesi
con maggior sicurezza se avesse potuto vedere le somiglianze e
le conformità tra il nuovo mondo delle Indie occidentali e il no-
stro, tanto nel presente quanto nel passato, in così strani esempi:
«Ce qu’il eust dit plus assuréement, s’il eust veu les similitudes et
convenances de ce nouveau monde des Indes occidentales avec le
nostre, presant et passé, en si estranges exemples»
10
.
Il pensatore bordolese
compie in realtà una manovra diversa ri-
spetto all’operazione che sarebbe stata effettuata nel testo secondo
Defaux. Va notato a riguardo che, mettendo in questione l’utilità
di Platone e dello pseduo-Aristotele per comprendere i paesi di
recente scoperta, Montaigne prende le distanze dalla prospettiva e
dalle ipotesi di un cronista come López de Gómara, cappellano di
Cortés in Spagna, a Valladolid, dove iniziò a scrivere, per volontà
bus
. Cfr. Aristotele,
De mirabilibus auscultationibus
, a cura di G. Vanotti, Padova,
Edizioni Studio Tesi, 1997, p. 84.
8
Cfr.
Essais
, II, 12, p. 572 A (tr. it. p. 1053).
9
«[A] Mais nostre condition porte que la cognoissance de ce que nous avons
entre mains, est aussi esloignée de nous, et aussi bien au dessus des nues, que
celle des astres» (ivi, p. 538 A; p. 983). «[C] et s’il n’est pas plus vray semblable
que ce grand corps que nous appellons le monde, est chose bien autre que nous
ne jugeons» (ivi, p. 572 C; p. 1053).
10
Ivi, p. 573 B (p. 1055).
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