Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 165

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Illusioni e delusioni del libero arbitrio
saliente del concetto di “libero”, diviene anche ovvio che quanto più
si è in grado di sottrarsi ai condizionamenti esterni (cioè tanto più
si intensifica la capacità di controllo interno auroralmente data dal
pudore), quanto più si è “liberi”. Per dir così, le condizioni esterne
della libertà (che sono negative: potere di sottrarsi ai comandi altrui,
di dire eventualmente di no) vengono “interiorizzate” nella forma
di intensificazione del controllo su noi stessi, unica garanzia di non
essere caduti o di non poter cadere nella servitù.
La storia del dibattito scolastico sul libero arbitrio mostra chiara-
mente come la generalizzazione dell’opposizione costretto/libero
e la sua trascrizione attraverso i concetti modali necessario/con-
tingente abbia creato progressivamente le condizioni per conce-
zioni sempre più enfatiche della libertà interiore. Fin dal Medioevo
(presumibilmente con Enrico di Gand) la libertà viene definita in
termini di disponibilità di alternative (
potentia ad alterutrum
). Ma,
perché questa potenzialità di alternative sia sempre a disposizio-
ne del soggetto morale, occorre che questi conservi una potenza
ulteriore, quella di non farsi determinare dalle cause esterne nella
scelta e, potremmo dire, di immunizzarsi dalla loro capacità cau-
sale. Tale dote, che permette di restare in equilibrio tra diverse
possibilità, era chiamata
indifferentia
. L’arbitrio che non conserva
l’indifferenza non è libero, ma servo.
Ora, nel momento in cui questo dispositivo teorico si trasferisce
nell’ambito delle relazioni tra Dio e uomo, come avviene nell’età
tra Riforma e Controriforma, esso inizia a produrre effetti di radi-
cale portata. Per convertirsi a Dio, l’uomo ha bisogno della Grazia.
Ma come interpreteremo la Grazia? Se la vediamo come una for-
za che penetra dall’esterno nell’intelletto o nel cuore del singolo,
modificandoli, la metaforica della libertà che abbiamo fino ad ora
definito conduce a un risultato preciso: la Grazia
asserve
l’uomo a
Dio. Ovviamente vi era chi non aveva paura di questa conseguenza,
fondando il suo discorso proprio sulla dualità tra libertà esterna del
cristiano e servitù interiore a Dio: notoriamente, Lutero. Ma questa
concezione della Grazia urta contro l’idea che la Grazia sia un
dono
e dunque implichi un rapporto paritario e una libera accettazione
o un libero rifiuto. Soprattutto la possibilità del rifiuto è essenziale
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