Le «borie» vichiane come paradigma euristico. Hybris dei popoli e dei saperi fra moderno e contemporaneo a cura di Rosario Diana - page 163

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Illusioni e delusioni del libero arbitrio
lettera del 1726 a Luigi Esperti, nella quale viene proposta addirit-
tura una lettura sincronica di Lutero, Giansenio e Cartesio come
spiriti tra loro affini:
in odio alla probabile, s’irrigidisce in Francia la cristiana morale,
e dal vicino Settentrione gran parte della Germania, lo spirito di
ciascheduno si fa divina regola delle cose che si deon credere. Vede il
Cartesio il tempo di far uso de’ suoi meravigliosi talenti e de’ lunghi e
profondi suoi studi, e lavora una metafisica in ossequio della necessità
e stabilisce per regola del vero l’idea venuta da Dio senza mai diffinirla;
onde tra essi cartesiani medesimi sovente avviene che una stessa idea
per uno sarà chiara e distinta, oscura e confusa per l’altro
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.
Qui vi è ovviamente un errore di prospettiva, perché Cartesio,
come vedremo, non era certo teologicamente vicino a Giansenio
(l’irrigiditore della morale cristiana in Francia). Ma il passo non è
importante come analisi della filosofia cartesiana, ma come diagnosi
della natura intrinsecamente teologica del “soggettivismo” moder-
no. Il soggettivismo moderno non è scetticismo, è la trascrizione
epistemologica di una teologia della Grazia basata sull’idea che Dio
si comunichi al singolo per via interiore. Questo è il cattivo agostini-
smo, di natura “monastica” (stoica, necessitarista), che Vico rifiuta.
Dobbiamo dunque dedurne una maggiore simpatia o vicinanza
nei confronti dei “probabilisti” e dei libero-arbitraristi? Ma, se la
libertà dell’arbitrio dipende da un fattore esterno che la
causa
, cioè
dall’insorgenza del pudore, allora vi è una “predeterminazione fi-
sica” della condizione di libertà (come volevano i domenicani) e
non un’inerenza diretta della libertà dell’arbitrio alla natura umana
(come volevano i gesuiti). Anche se qui il discorso torna ambiguo,
perché il “pudore” (o il terrore-pudore delle
Scienze nuove)
sono
sì provvidenziali ma sono anche naturali, non essendo effetto di
una vera e propria Grazia. In ogni caso, Vico non polemizza mai
con i gesuiti (sarebbe stata una follia farlo dopo la bolla
Unigenitus
del 1713), ma al tempo stesso non fa che richiamare la propria
vicinanza ad Agostino. Ma come funziona un agostinismo senza
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G. Vico,
Epistole
, a cura di M. Sanna, Napoli, Morano, 1993, p. 128.
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