La strada di un esule
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In qualche pagina occorre riconoscere una felicità particolare
nel narrare e descrivere: valgano, quali esempi per tutti, tre rac-
conti molto diversi fra loro, ma ugualmente efficaci: l’esecuzione
dei congiurati (31 gennaio 1801), la drammatica traversata dello
Spluga (2 maggio del medesimo anno) ed il trionfale ritorno al
paese d’origine (4 aprile 1808).
Nel tono generale, avvertiamo molta lettura di Rousseau (tanto
amato e citato spessissimo), del già ricordato Gessner, dell’Ossian
cesarottiano: fremiti di uno spirito che si alimenta, sì, del sapere
illuministico, ma che risente anche di umori protoromantici e che
a tratti si agita in qualche rapida invettiva, in un moto di amara e
quasi tragica rivolta:
Desidero mille volte per giorno la morte, e spesso mi è venuto in
pensiero procurarmela volontariamente […]. Il mio spirito è sempre
più oppresso da nuove angustie. L’impossibilità di poterne uscire
mi cimenta a commettere degli ecessi, a danno della mia esistenza.
Ah sorte infelice! Da mia casa non ricevo lettere: questa criminosa
indifferenza de’ miei parenti per la mia persona e per la situazione in
cui mi trovo, accresce gran peso a mali miei. Sia eternamente maledetta
la natura e la forza che la regge!
(23 e 24 giugno 1801)
Ci accorgiamo allora che questo, come ogni diario che si rispetti,
è anche lo specchio di un’anima, il ritratto di una moralità. Che in
Sangiovanni non è difficile scorgere seria e schiva, a tratti ombrosa
e intransigente, ma anche generosa e sincera; che gli fa preferire, ad
esempio, alla ipocrita e indifferente condotta dei cattolici la rigida
ma soccorrevole fede dei protestanti. Non mancano in lui gesti di
inaspettata violenza (come l’uso delle armi contro i facchini napo-
letani), ma lo sorprendiamo anche nella affettuosa veglia all’amico
morente. Sangiovanni si mostra a volte sereno, allegro quasi mai,
atteggiato sempre ad una matura compostezza che lo fa apparire
come il più anziano nel colloquio con lo zio, ritratto (forse un po’
ingenerosamente) nei panni di sciocco Ganimede. Dopo tutto, la
sua giovinezza si era consumata in brevissimo volgere d’anni, so-
praffatta da eventi grandi e terribili, che avevano profondamente
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