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Tommaso Rossi
za nell’operare dimostra che ella sia. Per conoscere l’essere di una
cosa, non ci ha più certa dimostrazione dell’operare. Quanto la
mente e la materia convegnono e consentono nell’operare, tanto
né più né meno nell’essere deono convenire. E per dirne un motto,
siccome la mente per lo suo penetrevol’ essere, con tutte le forme
reali comunica e tutte penetra e contene, e sa e vuole e può produr-
re, così la materia per lo suo essere impenetrevole, a tutte le for-
me pieghevole ed abile, tutte col moto le può ricevere. E, in fine,
come il moto, così la materia non ha unità, non è una. L’onnimoda
real distinzione e divisibilità dissolve e strugge ogni reale unità.
L’essere della materia non è mai il medesimo, è sempre distinto,
sempre nuovo, sempre con nuovo essere si estende a occupare o
formare lo spazio; o in estreme scempissime unità terminando la
/234/ divisione, o sempre in infinito divisibile; nell’uno nell’altro
caso manca di reale unità, che sia l’uno del suo essere principio.
Nell’onnimoda distinzione e divisibilità è evidente il diffetto dell’u-
nità, e nel diffetto dell’unità è evidente la nullità. La materia non è
una, non è affatto, è di per sé nulla. L’essere mentale somministra
al materiale l’unità; anzi è essa unità, che è dell’essere materiale
principio. L’uno mentale coll’ogni sapere e volere la materia dal
suo non essere uno, che è il suo nulla, cava fuori e all’essere condu-
ce. Che vuol più lo Spinosa? Che gli spinozisti? Nelle tenebre che
cuoprono la secreta guisa, dove umano lume non penetra, vorran
forsi rimanersi? Per vivere sciolti da ogni legge, vorran contradire
ad ogni ragione? Non è da credere. /235/
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